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Le trappole della mente


I bambini, si sa, hanno un dono speciale. Quello di vivere continuamente nel momento presente.

Ognuno di noi è stato un saggio bambino, capace naturalmente di prestare la piena attenzione all’aereo che passava nel cielo, al suono delle campane, all’odore delle persone amate.

Poi siamo tutti cresciuti e abbiamo cominciato ad “assentarci” dalle cose, che ora facciamo in modo routinario; mentre guidiamo pensiamo a quello che dobbiamo fare durante il giorno, mangiamo e intanto ci colpevolizziamo perché non abbiamo mai il tempo di andare in palestra, giochiamo con i nostri figli e intanto pensiamo al collega che ci ha fatto arrabbiare.

Siamo continuamente con la testa altrove.

Se è vero che la mente ha naturalmente il brutto vizio di “scollarsi” dalla situazione che viviamo e che ciò non può essere considerato un fenomeno strano o che necessariamente porta con sé sofferenza, la quantità del tempo che passiamo “altrove” è ciò che fa la differenza tra un fenomeno del tutto tipico della mente e un atteggiamento malsano che merita la nostra attenzione.

Una buona domanda, da porci ogni giorno, può essere quindi “Quanto tempo passo a pensare ad altro mentre svolgo le mie attività?”

Allenandoci a osservare possiamo accorgerci che la mente utilizza spesso delle modalità tipiche per allontanarci dalla realtà e che in questo modo non fa che fornirci un racconto diverso da ciò che stiamo realmente vivendo.

Queste sono alcune modalità automatiche del pensiero che tutti noi, chi più chi meno, utilizziamo di solito:

CATASTROFIZZARE

Spesso in momenti di tensione e in certe situazioni che ci generano ansia, possiamo ritrovarci a pensare alle peggiori conseguenze di una certa azione o di una situazione in generale. Ecco che davanti a noi si aprono scenari di possibili conseguenze, questioni che dobbiamo considerare e riconsiderare per evitare che accadano eventi spiacevoli o disastrosi per noi stessi o per gli altri.

Se dobbiamo prendere una decisione, ad esempio, possiamo tendere ad amplificare le conseguenze che potrebbero derivare da una scelta sbagliata, perdendo così la possibilità di valutare seriamente cosa è meglio fare.

Ciò non farà altro che accentuare il nostro stato di tensione, di preoccupazione, il cuore potrebbe “farsi sentire”, aumentando il suo battito. E questo produrrebbe altri pensieri catastrofici…e così via.

ACCENTUARE LE COSE NEGATIVE A DISCAPITO DI QUELLE POSITIVE

Se siamo abituati a volere sempre il massimo e a non accettare i nostri limiti o quelli degli altri può capitarci, se qualcosa non aderisce alle nostre aspettative, di avere la tendenza a vedere solo il negativo. Di noi, del mondo, delle persone intorno a noi, delle cose che ci accadono. In quei momenti è come avere una visione “a tunnel”.

I pensieri negativi ci divorano, ci tolgono la forza di reagire, non ci permettono di vedere le cose per ciò che sono realmente e noi ci affidiamo ad essi con cieca fiducia. I pensieri non sono la realtà, essi sono solo un racconto parziale di essa, eppure, a volte, ci capita di dimenticarcelo…

COLPEVOLIZZARE

Quando ci accadono situazioni spiacevoli, può venirci naturale, nel tentativo di trovare una spiegazione a ciò che stiamo vivendo, di incolpare noi stessi o gli altri per ciò che succede. Escludendo i casi in cui può essere utile capire cosa abbiamo sbagliato per fare meglio, risultato di un sano senso di responsabilità, cercare sempre un colpevole può essere una tendenza distruttiva che non ci porta a vedere la realtà in un quadro più ampio e complesso.

“Se mi fossi comportato diversamente, il mio matrimonio non sarebbe finito”, “se la mia amica non mi avesse detto quella frase non avrei reagito così male”.

Questa modalità del pensiero non ci aiuta in alcun modo a comprendere ciò che succede, piuttosto può farci sentire sbagliati, tristi, isolati, incompresi e impedirci di trovare le soluzioni migliori per risolvere le questioni che ci hanno fatto o che continuano a farci tanto male.

Questi sono solo alcuni esempi di come i pensieri tendano a portarci via dalla realtà e finiscano per distorcere il senso di ciò che ci accade. Riconoscere che siamo in una “trappola” della mente può aiutarci a tornare ad essere presenti, a prenderci cura di come ci sentiamo o di come si sentano gli altri, veramente, senza il filtro della nostra interpretazione.

Durante la giornata, quindi, proviamo ogni tanto a fermarci e a chiederci “Ora che io sono qui, dov’è la mia mente?”

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